«Spesso si usano metafore culinarie per descrivere i grandi libri, come “crème de la crème” e così via. Il libro di Zabala è troppo importante per questi giochi. Semmai è – o dovrebbe diventare – il pane quotidiano di tutti coloro che vogliono orientarsi nel labirinto delle nostre lotte ideologiche. Zabala mette le cose in chiaro nel dibattito in corso sulle fake news, in cui le questioni filosofiche hanno acquisito un’urgenza politica. Le fake news sono false proprio perché presentano le loro affermazioni come fatti puri. L’opposto delle fake news non sono i fatti veri ma i fatti incorporati in interpretazioni vere. Chi lotta per l'emancipazione vincerà non solo presentando fatti veri, ma fornendo l’orizzonte per poter leggere i fatti, veri o falsi che siano.»
Slavoj Žižek
Sempre più spesso, politici e filosofi si presentano come portatori ultimi della verità. La realtà di cui parlano si pretende oggettiva, descrivibile, assoluta. Questo rinnovato «realismo» – che pensa la realtà come indipendente da noi, controllabile nella sua semplicità – produce «una chiusura che rassicura e soffoca nello stesso tempo» (la definizione è di Gianni Vattimo).
Ciò si riflette in un inquadramento tecnologico, sociale e politico globale senza precedenti. Un nuovo ordine, sostenuto in ugual misura – afferma Santiago Zabala – dai nuovi filosofi realisti, dal capitalismo della sorveglianza e dal populismo di destra. E che verte su una normalizzazione radicale: ogni alterità, ogni elemento residuale, ogni scarto viene ricompreso e riassorbito nella regola.
Uno degli effetti è che oggi la più grande emergenza è l’assenza di emergenze. La stessa pandemia, ci ricorda Zabala, era stata a lungo un’«emergenza assente»: per anni gli esperti ci avevano inutilmente messi in guardia dal pericolo di una nuova, grande epidemia. Allo stesso modo, oggi, altre «emergenze assenti» restano fuori dalla cassa di risonanza dei media: la disuguaglianza economica, la crisi dei rifugiati, l’inquinamento dell’aria – responsabile quest’ultimo ogni anno della morte di sette milioni di persone.
Come sovvertire quest’ordine asfissiante? Ce lo suggerisce Zabala: tornando a essere dispersi, condizione necessaria per essere liberi. Per farlo, il filosofo recupera – attraverso l’analisi di tre concetti chiave: essere, interpretazione ed emergenza – la vena anarchica che attraversa la filosofia ermeneutica (Heidegger, Gadamer, Rorty, Vattimo, ma nello spirito anche Lutero, Freud e Kuhn). Troppo spesso presentata come disciplina conservatrice, l’ermeneutica è invece progressista: è avversa all’autorità, al dogma, al fondamentalismo; rinnova continuamente l’apertura della conversazione autentica (intesa come dialogo ricettivo, capace di frangere le rigidità del pensiero) e costruisce sempre nuovi significati dell’essere. Svela così di quest’ultimo – sotto la maschera della trasparenza, che lo rende autoritario e repressivo – la natura incompleta, opaca, ogni volta da definirsi entro orizzonti di senso condivisi. L’essere dispersi, il rischiare interpretazioni nuove, sono insomma – oggi più che mai – pratiche di resistenza politica. Le uniche, forse, atte a riconquistare e proteggere i nostri spazi di libertà.
Slavoj Žižek
Sempre più spesso, politici e filosofi si presentano come portatori ultimi della verità. La realtà di cui parlano si pretende oggettiva, descrivibile, assoluta. Questo rinnovato «realismo» – che pensa la realtà come indipendente da noi, controllabile nella sua semplicità – produce «una chiusura che rassicura e soffoca nello stesso tempo» (la definizione è di Gianni Vattimo).
Ciò si riflette in un inquadramento tecnologico, sociale e politico globale senza precedenti. Un nuovo ordine, sostenuto in ugual misura – afferma Santiago Zabala – dai nuovi filosofi realisti, dal capitalismo della sorveglianza e dal populismo di destra. E che verte su una normalizzazione radicale: ogni alterità, ogni elemento residuale, ogni scarto viene ricompreso e riassorbito nella regola.
Uno degli effetti è che oggi la più grande emergenza è l’assenza di emergenze. La stessa pandemia, ci ricorda Zabala, era stata a lungo un’«emergenza assente»: per anni gli esperti ci avevano inutilmente messi in guardia dal pericolo di una nuova, grande epidemia. Allo stesso modo, oggi, altre «emergenze assenti» restano fuori dalla cassa di risonanza dei media: la disuguaglianza economica, la crisi dei rifugiati, l’inquinamento dell’aria – responsabile quest’ultimo ogni anno della morte di sette milioni di persone.
Come sovvertire quest’ordine asfissiante? Ce lo suggerisce Zabala: tornando a essere dispersi, condizione necessaria per essere liberi. Per farlo, il filosofo recupera – attraverso l’analisi di tre concetti chiave: essere, interpretazione ed emergenza – la vena anarchica che attraversa la filosofia ermeneutica (Heidegger, Gadamer, Rorty, Vattimo, ma nello spirito anche Lutero, Freud e Kuhn). Troppo spesso presentata come disciplina conservatrice, l’ermeneutica è invece progressista: è avversa all’autorità, al dogma, al fondamentalismo; rinnova continuamente l’apertura della conversazione autentica (intesa come dialogo ricettivo, capace di frangere le rigidità del pensiero) e costruisce sempre nuovi significati dell’essere. Svela così di quest’ultimo – sotto la maschera della trasparenza, che lo rende autoritario e repressivo – la natura incompleta, opaca, ogni volta da definirsi entro orizzonti di senso condivisi. L’essere dispersi, il rischiare interpretazioni nuove, sono insomma – oggi più che mai – pratiche di resistenza politica. Le uniche, forse, atte a riconquistare e proteggere i nostri spazi di libertà.
Book details
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Publisher
-
Language
Italian -
Original language
English -
Publication date
-
Page count
208 -
Translator
-
Collection
About the author
Santiago Zabala
Santiago Zabala (1975) è professore ordinario (icrea) di Filosofia contemporanea presso l’Università Pompeu Fabra, a Barcellona. Tra i suoi libri: The Hermeneutic Nature of Analytic Philosophy. A Study of Ernst Tugendhat (2008), The Remains of Being. Hermeneutic Ontology After Metaphysics (2009), Comunismo Ermeneutico. Da Heidegger a Marx (con G. Vattimo, 2014), e Why Only Art Can Save Us (2017). Ha inoltre curato: Il futuro della religione. Solidarietà, ironia, carità (2005, di G. Vattimo e R. Rorty), Consequences of Hermeneutics (2010), Una filosofia debole. Saggi in onore di Gianni Vattimo (2012) e Being Shaken. Ontology and the Event (2014). Collabora con il «New York Times», il «Guardian» e la «Los Angeles Review of Books».