Modernità e ambivalenza

Modernità e ambivalenza

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Tra i principi portanti della modernità, che per secoli ha ispirato pensieri e azioni di interi popoli, è stata l’idea architrave di ricondurre alla ragione il caos del mondo, ordinare, classificare, calcolare, sottoporre a controllo, e identificare l’indistinto, bandire l’ambiguo. Tale idea conteneva un progetto di costruzione sociale e una promessa di felicità. Il primo ha lasciato dietro di sé delle macerie, la seconda non è mai stata adempiuta. Zygmunt Bauman dichiara qui il fallimento di un’epoca della storia umana, misurandolo sulla insostenibilità della pretesa iniziale. È l’ambivalenza, infatti, e non l’univocità, la condizione normale in cui ci tocca vivere.
Noi esseri finiti ci condanniamo alla perenne inadeguatezza se ammettiamo soltanto l’alternativa rigida tra l’ordine e l’informe, tra le entità (cose, persone, collettività, situazioni, categorie della mente) che il linguaggio riesce
a nominare in modo trasparente e l’imprevedibile, l’indeterminato, l’incontrollabile, di cui avvertiamo la presenza minacciosa.
Modernità e ambivalenza rimane, come scrive Donatella Di Cesare nella sua Postfazione, un’opera decisiva che ha segnato la svolta del percorso intellettuale del sociologo che più di ogni altro ha saputo definire la contemporaneità.

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Sull'autore

Zygmunt Bauman

Zygmunt Bauman (1925-2017) ha studiato sociologia e filosofia all’Università di Varsavia, dove ha insegnato fino al 1968. Trasferitosi in Inghilterra, è stato a lungo docente di sociologia all’Università di Leeds. Con il suo concetto di «liquidità» è stato tra i più radicali, e popolari, critici del mondo contemporaneo. Tra i suoi libri ricordiamo: La decadenza degli intellettuali. Da legislatori a interpreti (1992), Modernità e Olocausto (1992), Modernità liquida (2002) e La società individualizzata. Come cambia la nostra esperienza (2002).

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