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Le parole possiedono fascino e potere. Atreo se ne accorge fin da piccolo, per merito delle profezie di zia Gele e per colpa degli avverbi che lo tormentano rimanendogli in testa. Tra un lavoro di fortuna e l’altro, decide di scrivere e diventare giornalista: inventa così la leggenda di Funesto da Cadrazole, pittore medievale delle sue montagne, con l’intento di pubblicarla su «il Resto del Carlino», ma si renderà presto conto di avere ereditato qualcosa del talento eccentrico e misterioso della zia. Tra paperi in analisi e critici d’arte spregiudicati, venditori di libri che non ne leggono nemmeno uno e montanari felicemente pagani, briganti assetati di sangue e terroristi impregnati di ideologia, Valdesalici intreccia fantasia e realtà fino a renderle inscindibili. Ri de re riesce a restituirci l’atmosfera di un Appennino senza tempo e le suggestioni della Milano anni Settanta, grazie a un umorismo surreale che contribuisce a mantenere le varie anime del romanzo in un equilibrio fragile e prezioso.

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