Scritto sotto l’impulso «delle profonde tensioni allora esistenti fra scienze della natura e filosofia», I gradi dell’organico e l’uomo (1928) si avventura in una grandiosa impresa di pensiero: «afferrare da un unico punto di vista la graduazione del mondo organico», ossia identificare la «logica della forma vivente» – vegetale, animale e umana – rispetto all’inanimato. La formulazione-chiave a cui perviene Helmuth Plessner è la sostanziale eccentricità dell’uomo all’interno del vivente. Unico tra gli esseri a distanziarsi dall’ambiente e dagli istinti, per compensare questo squilibrio costitutivo e garantirsi una specifica forma di esistenza deve ricorrere all’«aiuto delle cose extranaturali, che scaturiscono dal suo creare». Insomma, l’uomo «è per natura artificiale». Un’idea che risuonerà a lungo nell’antropologia filosofica del Novecento.
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Language
Italian -
Publication date
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439 -
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About the author
Helmut Plessner
Helmuth Plessner (1892-1985) insegnò presso le Università di Colonia e Göttingen, con un lungo interregno presso l’Università di Gröningen, in Olanda, dove era riparato negli anni trenta. In lui gli interessi biologici affiancarono sin dall’inizio quelli filosofici, orientandoli verso il rapporto tra forma vivente e sfera vitale. Tra le opere tradotte: I limiti della comunità. Per una critica del radicalismo sociale (2001), Il riso e il pianto. Una ricerca sui limiti del comportamento umano (2000), Potere e natura umana (2006), Antropologia dei sensi (2008) e Antropologia filosofica (2010).