Sera in paradiso

Sera in paradiso

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««Non c’è niente di scontato, niente che si sia già letto da qualche altra parte, nell’opera di Lucia Berlin. Questi racconti lasciano a bocca aperta». »
«Corriere della Sera» - Antonio Debenedetti

««Storie di una vita difficile che la protagonista ha saputo raccontare con il dono stupendo della sua scrittura semplice, feroce, dolcissima». »
«Elle» - Natalia Aspesi

««Un libro sontuoso, stracolmo di meraviglie, vale la pena tenerlo vicino al comodino e leggerlo lentamente, una storia ogni tanto. Centellinarlo come una cosa buonissima». »
«D - la Repubblica» - Elena Stancanelli

««Arriva al nucleo semplice delle cose, alla verità più pulita. Una scrittrice immensa». »
«il Fatto Quotidiano» - Caterina Bonvicini

««Lucia Berlin è una fuoriclasse… e non ha paura di niente. Incomparabile? Forse». »
«ttL - la Stampa» - Masolino D’amico

««Storie che portano un po’ di luce nella buia e profonda notte dell’anima». »
«Sette - Corriere della Sera» - Antonio D’Orrico

««Lucia Berlin ci arriva luminosa come una di quelle stelle brillanti in realtà sparite da tempo». »
«la Repubblica» - Irene Bignardi

««Lucia Berlin è diventata un vero culto: per il suo saper stare dentro le piccole cose, le gioie e i dolori della gente comune. Un caso editoriale, amata da critici e lettori, che aspettano con ansia le nuove pubblicazioni».»
«Io Donna» - Maria Grazia Ligato

«La lingua di Berlin si dimostra capace di pause riflessive e accelerazioni furibonde, rifiuta gli schemi tradizionali del racconto affidandosi a un'improvvisazione che ricorda la poesia beat.»
Il Venerdì di Repubblica - Luca Briasco

«Nei racconti di Berlin ci strazia questa consapevolezza. Che tu sia un meccanico violento o Ava Gardner, sempre ubriaca e bellissima, [...] non ti resta che vivere, come puoi, cercando di avere meno paura possibile.»
D di Repubblica

«Leggete i racconti di Lucia Berlin a casaccio, uno alla volta, lasciando che la materia si depositi. Quello sublime si intitola "La mia vita è un libro aperto". Non leggetelo subito, provatene prima altri come aperitivo. Poi ditemi se non è all'altezza dei più grandi, tra gli ultra-americani, mai scritti.»
ttL - La Stampa - Masolino D'Amico

«Scorretta, spiazzante, sempre autentica: Lucia Berlin ha un modo tutto suo di raccontare le storie. Una cifra inconfondibile, personale come una calligrafia.»
Robinson - Caterina Bonvicini

«Lucia Berlin è diventata un vero culto: per il suo saper stare dentro le piccole cose, le gioie e i dolori della gente comune. Un caso editoriale, amata da critici e lettori, che aspettano con ansia le nuove pubblicazioni.»
Io Donna - Maria Grazia Ligato

«Non c’è niente di scontato, niente che si sia già letto da qualche altra parte, nell’opera di Lucia Berlin. Questi racconti lasciano a bocca aperta.»
Corriere della Sera - Antonio Debenedetti

«Storie di una vita difficile che la protagonista ha saputo raccontare con il dono stupendo della sua scrittura semplice, feroce, dolcissima.»
Elle - Natalia Aspesi

«Un libro sontuoso, stracolmo di meraviglie, vale la pena tenerlo vicino al comodino e leggerlo lentamente, una storia ogni tanto. Centellinarlo come una cosa buonissima.»
D - la Repubblica - Elena Stancanelli

«Arriva al nucleo semplice delle cose, alla verità più pulita. Una scrittrice immensa.»
il Fatto Quotidiano - Caterina Bonvicini

«Lucia Berlin è una fuoriclasse… e non ha paura di niente. Incomparabile? Forse.»
ttL - la Stampa - Masolino D’amico

«Storie che portano un po’ di luce nella buia e profonda notte dell’anima.»
Sette - Corriere della Sera - Antonio D’Orrico

«Lucia Berlin ci arriva luminosa come una di quelle stelle brillanti in realtà sparite da tempo.»
la Repubblica - Irene Bignardi

Storie di luoghi, di paesaggi, dell’intero continente americano, di donne, di bambini e di uomini. Storie che raccontano un temporale, un’alluvione, un incendio, una notte magica. Storie di vicinato difficile, di profughi siriani, di messicani poveri e di americani ricchi o viceversa, di musicisti e di alcolisti, di corride e di fiestas, di attrici e di gigolo. Storie che, come quelle di La donna che scriveva racconti, evocano momenti della vita di un’autrice fuori dall’ordinario. Storie di amore, di malinconia, di piccoli e grandi drammi, di gioie inaspettate, di cambiamenti improvvisi, e una prosa impossibile da catalogare. Le svolte impreviste, i rapidi mutamenti di tono, i passaggi dal riso al pianto, dall’ostilità alla commozione, dalla disperazione alla felicità, il lamento prolungato che svanisce all’improvviso, ricordano la musica jazz. Una prosa che diventa dura, sobria e riservata, quasi distaccata, proprio nel rendere situazioni che una scrittrice meno efficace e sincera vestirebbe di emotività.
Trasmettere l’intera gamma dei sentimenti senza mai scadere nel cinismo o nella banalità richiede un talento raro, e Lucia Berlin lo possiede. 
Storie di malattia, di morte imminente, di delirio alcolico, di assuefazione e di crisi di astinenza, sono raccontate con un’empatia controllata che inchioda il lettore alla pagina. Accenti comici, umoristici, leggeri, vengono spesso riservati a situazioni di degrado, sopruso, a personaggi che riescono a non essere mai del tutto negativi. Come se Berlin conoscesse a fondo ogni risvolto del comportamento umano, ogni sfaccettatura della sofferenza come della gioia, della cattiveria come della generosità, e le raccontasse con l’indulgenza di chi le ha sperimentate.

Book details

About the author

Lucia Berlin

Lucia Berlin, nata in Alaska nel 1936, a ventiquattro anni incomincia a pubblicare racconti sulla rivista di Saul Bellow «The Noble Savage» e su «The New Strand», e in seguito su «Atlantic Monthly» e «New American Writing». La raccolta di racconti Homesick ha vinto il National Book Award nel 1991 e il racconto «My Jockey» (di soli cinque paragrafi) il Jack London Short Story Prize nel 1985. Le sue storie sono ispirate dagli anni dell’infanzia trascorsi nelle città minerarie del West; dal tempo dell’adolescenza a Santiago, in Cile; da tre matrimoni falliti; dal problema dell’alcolismo; dagli anni vissuti a Berkeley, New Mexico, e a Città del Messico; dai tanti diversi lavori che dovette fare per sostenere i quattro figli e continuare a scrivere. Negli anni Novanta insegna presso l’University of Colorado, Boulder. Nel 2001, la salute sempre più fragile la costringe a trasferirsi nella California meridionale vicino ai figli. Muore nel 2004 a Marina del Rey. Bollati Boringhieri ha pubblicato La donna che scriveva racconti, eletto da «la Repubblica» miglior libro del 2016.

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