Gli uccelli della solitudine

Gli uccelli della solitudine

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Lo sguardo dell’antropologo Marco Aime che in questa sua ricognizione ha avuto come collaboratore Ismaël Haidara Dadié, torna a posarsi su Timbuctu, «mitica» città carica di storia ai margini del deserto, che nei secoli ha dato vita a una società complessa, articolata in rigide gerarchie. I cittadini, molti dei quali esponenti di una borghesia commerciale ricca e colta, sono infatti legati non solo alla famiglia, ma anche all’etnia di appartenenza, alla casta, alla corporazione e alle kondey, che sono le «compagnie d’età». Si tratta di forme di associazionismo spontaneo che rappresentano la vera spina dorsale della società tombouctienne: basate esclusivamente sull’età e caratterizzate da un’assoluta uguaglianza interna e dall’impiego di un linguaggio scherzoso, le kondey realizzano una solidarietà tra coetanei che dura tutta la vita e unisce i membri del gruppo nel bene e nel male. Quando di una compagnia rimangono in vita poche persone, queste assumono un aspetto triste perché hanno visto i loro amici andarsene a poco a poco: a Timbuctu li chiamano «gli uccelli della solitudine».

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Sull'autore

Marco Aime

Marco Aime, torinese, insegna antropologia culturale all’Università di Genova. Autore di studi sulle popolazioni alpine e sull’Africa, oratore molto apprezzato e seguito in diversi contesti culturali, ha pubblicato numerosi saggi di studi antropologici, fra i quali Eccessi di culture(2004), Il primo libro di antropologia (2008), Lamacchia della razza (2009) e Senza sponda (2015). Per Bollati Boringhieri ha pubblicato, tra gli altri, L’incontro mancato. Turisti, nativi, immagini (2005), Timbuctu (2008), Cultura, per la collana «I sampietrini» (2013), L’isola del non arrivo. Voci da Lampedusa (2018) e Il grande gioco del Sahel (con Andrea de Georgio, 2021).

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