Il rancore del tempo Follia, cura e violenza sull’altopiano dogon (Mali)

Il rancore del tempo

Follia, cura e violenza sull’altopiano dogon (Mali)

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Si può ancora scrivere sui dogon? Dopo decenni di studi – dall’egemonia della scuola di Marcel Griaule alle critiche più recenti – l’antropologia sembrava aver detto tutto sulla vita culturale e religiosa di questa società dell’altopiano maliano. Ma proprio l’idea che una cultura possa essere compresa una volta per tutte è ciò che Il rancore del tempo mette in discussione, nella convinzione che ogni sguardo vada riattraversato, ogni racconto riaperto.
Antropologo e psichiatra, Roberto Beneduce è stato partecipe e testimone di mutamenti profondi nel corso degli ultimi trent’anni. Le sue ricerche restituiscono ai dogon una voce resistente e inquieta: racconti di guaritori e migranti, di malati e divinatori, che parlano da un luogo segnato dalla violenza, dai conflitti per la terra, dalla guerra e dalle nuove mappe della migrazione. La follia, le terapie rituali, i sogni e i silenzi si intrecciano in un racconto che mentre dissolve la presunta unità della cultura dogon scava nella crisi e ripensa la cosiddetta «medicina tradizionale» come dispositivo di cura e, allo stesso tempo, di memoria e riscatto.
Contro l’antropologia di «secondo grado» già denunciata da Jean-Loup Amselle, e in dialogo con il pensiero di de Martino e Lévi-Strauss, Beneduce propone un’etnografia che non si accontenta più di interpretare simboli o rituali, ma si lascia attraversare dalla storia e dall’ascolto. Il suo progetto è scrivere con i dogon, non più su di loro, e costruire insieme strategie di conoscenza anziché accontentarsi di rappresentare l’altro da una distanza sicura. Le silhouette dei dogon, per anni prigioniere dei musei e dei cliché etnografici, tornano a muoversi come soggetti di memoria e di trasformazione.
Il rancore del tempo è un’etnografia che interroga i suoi stessi strumenti e si fa gesto politico: per restituire complessità a vicende dimenticate, per non mascherare il dolore della storia, e continuare a raccontare – con rigore e rispetto – ciò che resiste e pulsa nell’ombra.

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Sull'autore

Roberto Beneduce

Roberto Beneduce, antropologo e psichiatra, si è formato tra Napoli e Torino, prima di conseguire il dottorato in Antropologia a Parigi (ehess) sotto la direzione di Marc Augé. Visiting professor nelle università di Berkeley, Tolosa, Cali, Bordeaux e Parigi, ha fondato negli anni novanta il Centro Frantz Fanon e dal 2000 insegna Antropologia all’Università di Torino. Si occupa dei saperi medici locali in Africa subsahariana, di migrazione e violenza di Stato, e di decolonizzazione delle scienze sociali e psicologiche. È riconosciuto comeil padre dell’etnopsichiatria critica, ispirata dalla pratica e dal pensiero di Fanon. Con Bollati Boringhieri ha pubblicato Trance e possessione in Africa (2002) e Corpi e saperi indocili (2010). È autore, con Nigel Gibson, di Frantz Fanon, Psychiatry and Politics (2017).

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