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«Scritta sotto il ritratto di un antenato mi colpì, quand’ero piccolissimo, una misteriosa parola latina: servabo. Può voler dire conserverò, terrò in serbo, terrò fede, o anche servirò, sarò utile». Queste parole, che spiegano il titolo del libro, riassumono anche il significato di cinquant’anni di vita, raccontata «per riordinare nella fantasia dei conti che non tornano nella realtà». Omaggio a mezzo secolo di storia che volge al tramonto, quest’autobiografia rivela un volto dell’autore che ai più risulterà inedito: perché è quello di un uomo per il quale la politica è innanzitutto un’esperienza etica profonda e il riflesso di un’intensità intellettuale e umana che poteva esprimersi (come qui si esprime) anche col linguaggio di una scrittura letteraria di rara qualità. Dai ricordi della prima giovinezza all’esperienza della guerra, che ha deciso del suo futuro e formato il suo modo di agire «politico»; dagli entusiasmi alle prove più dure anche della vita privata, la sorvegliatissima confessione dell’autore, particolarmente difesa col pudore e quasi col silenzio proprio là dove ci aspetteremmo la rivelazione di fatti che hanno avuto una grande incidenza pubblica, ci offre il ritratto di un uomo sempre fedele a se stesso e portato a filtrare con l’orgoglio dell’ironia le riuscite e le sconfitte.

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Sull'autore

Luigi Pintor

Luigi Pintor (1925-2003), nato a Roma, ma di origine sarda, lavorò all’«Unità» dal 1946 al 1965. Eletto deputato nelle liste del PCI, nel 1969 fu radiato dal partito con altri dissidenti e diede vita al «manifesto»,
il quotidiano comunista su cui scrisse dal 1971 fino alla morte. Presso Bollati Boringhieri ha pubblicato Servabo. Memoria di fine secolo (1991), La signora Kirchgessner (1998), Il nespolo (2001) e I luoghi del delitto (2003), ora raccolti in La vita indocile (2013), oltre a Politicamente scorretto. Cronache di un quinquennio 1996-2001 (2001).

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