«PHILIPPE PETIT HA CREATO UNA DELLE PIÙ GRANDI OPERE D’ARTE DEL VENTESIMO SECOLO. SIAMO PROPRIO FORTUNATI AD AVERLO COME GUIDA DI UN ARGOMENTO INAFFERRABILE MA FONDAMENTALE COME LA CREATIVITÀ» JONATHAN SAFRAN FOER Il 7 agosto 1974 Philippe Petit realizza un’opera d’arte unica nella storia: camminare su un cavo teso tra le due Torri gemelle del World Trade Center di New York sospeso a oltre quattrocento metri di altezza, lasciando a bocca aperta il pubblico che, naso all’insù, ebbe la fortuna di assistere al suo magnifico spettacolo. Questa impresa, condotta nella piena illegalità, fu il frutto di una preparazione di anni, in cui Petit, deciso a mettere a segno il gran «colpo», lavorò ogni giorno per lanciare la sua sfida all’Impossibile. Quarant’anni dopo, con alle spalle numerose performance artistiche d’eccezione, e davanti a sé chissà quali altri strabilianti progetti, Philippe Petit affida a questo libro le sue riflessioni sul processo creativo che precede ogni sua opera. Indomito e anticonvenzionale, Petit ha fatto suo lo slogan «La creatività è illegale», convinto che colui che crea debba essere un fuorilegge, «non nel senso criminale, ma come un poeta che esercita la ribellione intellettuale». La sua arte, le sue grandi imprese, quindi, sono il «crimine perfetto», realizzabile solo attraverso una disciplina e un allenamento tra i più ferrei. Tra queste pagine Petit chiama il lettore a essere suo complice: gli svela i suoi trucchi, gli dà consigli e, ciò che più conta, lo incita a esplorare il suo personale campo di «delinquenza» intellettuale o artistica, perché ognuno di noi ne ha uno, basta solo capire qual è!
Dettagli libro
-
Editore
-
Testo originale
Sì -
Lingua
Italiano -
Lingua originale
Inglese -
Data di pubblicazione
-
Numero di pagine
192 -
Argomento
-
Collana
Sull'autore
Philippe Petit
Nato in Francia, Philippe Petit ha scoperto la magia e la prestidigitazione quando era ancora un bambino e ha mosso i primi passi sul filo a sedici anni. Autodidatta, si è fatto espellere da cinque scuole. Ha imparato a cavalcare, a tirare di scherma, ad arrampicarsi, a disegnare; si intende anche di falegnameria (ha costruito, tutto da solo, un granaio sulle Catskill Mountains utilizzando la tecnica e gli attrezzi dei carpentieri del Diciottesimo secolo) e ha studiato persino l’arte della tauromachia. È sui marciapiedi di Parigi che è diventato un artista di strada, dando vita a quel personaggio folle, brillante e silenzioso con cui ancora oggi intrattiene il suo pubblico. Da oltre trent’anni ormai vive a New York ed è Artist-in-Residence presso la cattedrale di Saint John the Divine, la più grande chiesa gotica del mondo.
La sua decennale attività di funambolo conta oltre ottanta esibizioni in tutto il mondo, tra cui la più celebre, al centro di un libro Toccare le nuvole (Ponte alle Grazie, 2003) che nel 2008 ha ispirato un documentario (Man on Wire per la regia di James March), è stata quella tra le Torri gemelle del World Trade Center nel 1974. Nel 2009 Ponte alle Grazie ha riproposto la nuova edizione del suo saggio-cult, Trattato di funambolismo.