
Si può salvare una persona dalla sua propria stupidità?
Un matrimonio assolutamente disastroso: la noia, la supponenza e la stupidità di Bruce Ottley contrapposti al garbo, allo spirito e all’intelligenza di Edith rendono quasi incomprensibile il fatto che i due siano ancora insieme. Eppure Edith è sempre di buon umore, interessata ai figli e agli amici, nonché concentrata – almeno così sembrerebbe – a salvare Bruce dalla sua stessa stupidità. Tuttavia l’incontro con Aylmer, vedovo affascinante e intelligente, la mette in crisi: in nome di cosa dovrebbe rinunciare a un compagno degno di questo nome per rimanere con un pessimo marito, un padre inesistente, un compagno imbarazzante?
Un matrimonio assolutamente disastroso: la noia, la supponenza e la stupidità di Bruce Ottley contrapposti al garbo, allo spirito e all’intelligenza di Edith rendono quasi incomprensibile il fatto che i due siano ancora insieme. Eppure Edith è sempre di buon umore, interessata ai figli e agli amici, nonché concentrata – almeno così sembrerebbe – a salvare Bruce dalla sua stessa stupidità. Tuttavia l’incontro con Aylmer, vedovo affascinante e intelligente, la mette in crisi: in nome di cosa dovrebbe rinunciare a un compagno degno di questo nome per rimanere con un pessimo marito, un padre inesistente, un compagno imbarazzante?
Dettagli libro
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Editore
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Testo originale
Sì -
Lingua
Italiano -
Lingua originale
Inglese -
Numero di pagine
224 -
Traduttore
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Argomento
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Collana
Sull'autore
Ada Leverson
Ada Leverson (1862-1933) nacque a Londra in una famiglia ebrea colta e liberale. A soli 19 anni, si sposò con Ernest Leverson, ma il matrimonio si rivelò ben presto un fallimento ed è possibile che il marito, donnaiolo e giocatore, sia stato il modello per i terribili ritratti di maschili nei suoi numerosi romanzi, caratterizzati da dialoghi scintillanti e da un’arguta, modernissima satira sociale. Fu amica di Somerset Maugham, di George Bernard Shaw (di cui prese il posto come critica teatrale sulla “Saturday Review”), di T.S. Eliot e soprattutto di Oscar Wilde, che la chiamava “Sphinx” per la sua capacità di tenere riservati i segreti e le confidenze degli amici, e la definiva “la donna più divertente del mondo”.