Massimo Ottolenghi
Massimo Ottolenghi è nato nel 1915 a Torino. Amico e compagno di scuola di Oreste Pajetta, Emanuele Artom, Luigi Firpo, allievo di Massimo Mila, partecipò fin dall’inizio alla Resistenza con Giustizia e Libertà (è stato anche responsabile del quotidiano «GL»). Come scrive lo storico Gian Carlo Jocteau nell’introduzione a Per un pezzo di patria, «la Resistenza di Ottolenghi fu una resistenza civile, piuttosto che militare. Personalmente poco propenso all’uso delle armi, egli fu investito di compiti di alto livello nei contatti fra comandi militari, formazioni partigiane e istituzioni locali, sia nelle valli di Lanzo, sia fra le valli e Torino, e si adoperò efficacemente e con frequente grave rischio personale anche per proteggere combattenti, sfollati, ebrei e popolazione civile da arresti, rastrellamenti e rappresaglie. Come uomo di legge, agì inoltre per favorire, nei contrasti interni e nei tribunali partigiani, il rispetto di regole ragionevoli e, per quanto possibile, condivise». Già militante del Partito d’azione con Ada Gobetti, Alessandro Galante Garrone, Giorgio Agosti, fu magistrato negli anni del dopoguerra, quindi avvocato civilista. Nella sua lunga carriera forense ha anche partecipato, in qualità di avvocato della famiglia, alla liberazione di Carla Ovazza, madre di Alain Elkann, rapita nel 1974. È autore di diversi libri, tutti scritti negli ultimi anni: Il palazzo degli stemmi (Gribaudo 1990), La finestra di Kuhn (Gribaudo 1994), Dal paese di Darvindunque (Elede 1997), Pendolo (Araba Fenice 2004), Perle nere. Storia di una vita ritrovata (Araba Fenice 2006), Per un pezzo di patria (Blu edizioni 2009), ‹Ribellarsi è giusto› (Chiarelettere 2011).