Sono racconti che danno un’idea di quanti bellissimi romanzi avrebbe potuto scrivere l’autrice, se non fosse stata «sacrificata» prima da un’infanzia e una giovinezza passate a leggere di nascosto tra una faccenda domestica e l’altra, e poi da un matrimonio combinato da un padre indifferente e da una madre che la trovava «bruttissima». Sono tutti molto diversi l’uno dall’altro, per temi, stile, tono, dimensioni. E quasi tutti contengono lo spunto per un romanzo, probabilmente già nella mente della Kreitman mentre li scriveva.
La raccolta si apre con I racconti dello shtetl, e nel «Mondo nuovo» la piccola Esther non ancora nata parla al lettore dal grembo materno: «La prima volta che mi sentii infelice fu nel ventre di mia madre». Tutto un programma, quello dell’intera vita dell’autrice. Che prosegue a raccontare la propria nascita, da quando viene infilata in una cesta sotto il tavolo della cucina, a quando viene consegnata alla balia che se la terrà – dato biografico – per alcuni anni. Il tono della narrazione passa continuamente dal comico al patetico, rivelando una versatilità di scrittura almeno pari a quella dei suoi più famosi fratelli.
Il registro di «La finta cieca», che dà il titolo alla raccolta, passa invece agilmente dal comico al grottesco, e insiste proprio su cupezza e ambiguità, spiazzando il lettore, che si trova alle prese con il fantasma dell’incesto, della menzogna e del tradimento all’interno di un anomalo nucleo familiare ebraico trapiantato a Londra. Il racconto appartiene alla seconda parte del libro, che l’autrice sottotitola I racconti londinesi, e che è la più varia e originale perché racconta la difficoltà, spesso lo sfascio, di famiglie fortemente legate alla cultura e alla tradizione ebraica trapiantate in un paese straniero, per di più bersaglio dei blitz tedeschi.
Le storie di Esther Kreitman Singer si distinguono ancora una volta da quelle di I. J. Singer perché l’autrice sottolinea tristezza, frustrazione, ma anche piccoli trionfi, di donne che sono spesso protagoniste di quadri esilaranti.
La raccolta si apre con I racconti dello shtetl, e nel «Mondo nuovo» la piccola Esther non ancora nata parla al lettore dal grembo materno: «La prima volta che mi sentii infelice fu nel ventre di mia madre». Tutto un programma, quello dell’intera vita dell’autrice. Che prosegue a raccontare la propria nascita, da quando viene infilata in una cesta sotto il tavolo della cucina, a quando viene consegnata alla balia che se la terrà – dato biografico – per alcuni anni. Il tono della narrazione passa continuamente dal comico al patetico, rivelando una versatilità di scrittura almeno pari a quella dei suoi più famosi fratelli.
Il registro di «La finta cieca», che dà il titolo alla raccolta, passa invece agilmente dal comico al grottesco, e insiste proprio su cupezza e ambiguità, spiazzando il lettore, che si trova alle prese con il fantasma dell’incesto, della menzogna e del tradimento all’interno di un anomalo nucleo familiare ebraico trapiantato a Londra. Il racconto appartiene alla seconda parte del libro, che l’autrice sottotitola I racconti londinesi, e che è la più varia e originale perché racconta la difficoltà, spesso lo sfascio, di famiglie fortemente legate alla cultura e alla tradizione ebraica trapiantate in un paese straniero, per di più bersaglio dei blitz tedeschi.
Le storie di Esther Kreitman Singer si distinguono ancora una volta da quelle di I. J. Singer perché l’autrice sottolinea tristezza, frustrazione, ma anche piccoli trionfi, di donne che sono spesso protagoniste di quadri esilaranti.
Dettagli libro
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Editore
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Lingua
Italiano -
Data di pubblicazione
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Numero di pagine
166 -
Traduttore
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Argomento
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Collana
Sull'autore
Esther Kreitman Singer
Esther Kreitman Singer (1891-1954) nata a Bilgoraj, in Polonia, nel 1891, è la sorella maggiore dei celebri Israel Joshua e Isaac Bashevis (premio Nobel per la Letteratura nel 1978). La famiglia si stabilì a Varsavia, dove Esther, la primogenita, incomiciò a scrivere. Quei suoi scritti vennero distrutti quando accettò un matrimonio combinato e si trasferì ad Anversa con il marito. Con lo scoppio della prima guerra mondiale la coppia si spostò a Londra. Esther Kreitman Singer tornò alla scrittura, sempre in Yiddish, con La danza dei demoni (1936), L'uomo che vendeva diamanti (1944) e Blitz e altri racconti (1949), tutti ripubblicati da Bollati Boringhieri.